giovedì 2 luglio 2009

Vuoto. O pieno?

Cerco un'ispirazione forte per scrivere qualcosa di nuovo. Non la trovo. Mi siedo alla mia scrivania, caffè, matita e temperino, foglio bianco. Vaghi ammassi informi di materia ideale vorticano in quella che si è soliti chiamare "mente". Ogni tanto, alcune figure vengono sputate fuori, quasi all'improvviso, da questo apeiron di pensieri e intuizioni...
Sì, volevo scrivere "apeiron".
Queste figure si definiscono, sfarfallano per qualche istante sul piano della coscienza e poi, come in un vecchio televisore, tremano sussultano e scompaiono - inghiottite di nuovo dal caos, ricacciate nell'inconscio.
Freud non aveva capito un cazzo, ma aveva anche capito tutto quello che valesse la pena capire.
Una mela, una pesca ammuffita. La faccia brufolosa di un giovane coi capelli lunghi. Un fucile da caccia. Vuoto. Altre facce di amici. Un liquido dal colore aranciato, dall'aroma vagamente pungente. Un garage... Rischio?
Immagini che crescono come bolle di sapone. E poi scoppiano!
Incoerenti, incomplete. Incomprensibili se volete. Incomunicabili. Dunque non interessanti.
Eppure io credo abbiano un valore.
No, la scrivania non è decisamente il luogo adatto. Meglio il divano. In effetti, ora sono sdraiato sul divano.
Su un divano si può stare seduti, distesi, accasciati, con le gambe incrociate, proni supini appoggiati al gomito o sul fianco si può saltare fare capriole (come da bambini. Vi ricordate da bambini?).
Si può anche dormire. Oppure scrivere. Ma la matita non va bene.
La matita è uno strumento vecchio e, se è vero che le cose vecchie sono sempre le migliori, ha pur sempre un fascino indiscusso - ma resta vecchia. La matita non è definitiva come la penna: si può cancellare. Inoltre, una matita si può temperare.
Infila la matita in un temperino e ruotala, premendo. Osserva le foglie di legno che si staccano e cadono, in cerchio. La matita muore lentamente e le parole nascono sulla pagina. È la scrittura: morte e nascita al tempo stesso. Come la vita, anche la vita è morte e nascita al tempo stesso.
Che banalità.
Neanche il divano va bene, sul divano si pensa troppo liberamente, troppo comodamente. Le immagini diventano ancora più sfuggevoli... Non ha senso continuare.
Quello che volevo catturare, la parola, lo spunto, continua a fuggire.

Rileggo quanto ho scritto finora. E non ci trovo niente: continuo a girare attorno al punto e il punto è il concetto.

Ma siamo sicuri che a qualcuno importi qualcosa del concetto?

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